La riforma sanitaria russa in atto aperta verso gli hospice

Anche la Russia cambia il suo approccio alle cure di fine vita, infatti, entro la fine dell'anno verranno inaugurati due hospice. Questo è quanto annunciato sulle pagine online di Russia Oggi di cui, di seguito, riportiamo la notizia.

L’approccio dei medici russi verso i malati incurabili deve cambiare: entro il prossimo anno nella regione di Mosca verranno inaugurati due hospice. Di queste nuove esigenze dovranno tenere conto i funzionari regionali nell’assegnare i fondi per il programma di modernizzazione del sistema sanitario”, ha assicurato Tatiana Golikova, ministro russo della Sanità pubblica.

Al Ministero della Sanità della Federazione Russa si discute già da tempo di un progetto di sviluppo e di estensione delle cure palliative, ma Tatiana Golikova per la prima volta ha esplicitamente parlato di una normativa concreta che prevede la costruzione in ogni regione di un hospice per bambini affetti da malattie inguaribili e di un altro hospice per adulti malati terminali.

Intervistati da Moskovskie Novosti, gli esperti hanno risposto che l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) raccomanda un utilizzo più esteso delle cure palliative. “Secondo i parametri dell’Oms, sarebbe ideale la presenza sul territorio di un hospice per malati adulti ogni 400mila abitanti e di un hospice per bambini ogni 2 milioni di abitanti. Ma considerato che nella gran parte delle regioni del nostro Paese le strutture in grado di fornire aiuto ai malati affetti da malattie inguaribili sono praticamente assenti, l’iniziativa del Ministero della Sanità sembra quasi un atto umanitario. Fino a poco tempo fa in alcune regioni del nostro Paese esisteva il tacito divieto di accogliere negli ospedali anziani affetti da malattie oncologiche o colpiti da ictus”, ammette il ministro.

Oggi il dicastero starebbe effettuando un massiccio monitoraggio delle strutture sanitarie per valutare l’entità delle risorse da destinare alla medicina palliativa. Secondo i dati pervenuti dalle regioni al dicastero nel 2010, mentre si stava avviando il programma di modernizzazione del sistema sanitario (tra le strutture da finanziare erano inclusi anche gli hospice), un terzo delle istituzioni sanitarie regionali della Federazione Russa già monitorate non disponevano neppure un posto letto disponibile per i malati terminali.

Decine di strutture, inoltre, disponevano di meno di un posto letto ogni 100mila abitanti. In base ai dati attualmente in possesso del Ministero della Sanità, in Russia esisterebbero solo sette strutture ospedaliere autonome, specializzate nelle cure palliative ai bambini.

Fino a pochi anni fa negli ambienti statali la parola “hospice” non si riusciva neppure a pronunciare. Sarebbe stato impensabile discutere della necessità di strutture sanitarie specializzate per i malati terminali e Yuri Sevchenko, l’allora ministro della Sanità, era stato il primo ad osare ad affrontare questo tema. In realtà, per il ministro si trattava di una necessità dettata dalla situazione di catastrofica penuria di risorse in cui versava la sanità. Da allora nella medicina russa sono state investite molte risorse, ma la mancanza di cure palliative estese resta tuttora uno dei problemi più gravi; cosa che non deve del resto sorprendere in un paese dove le malattie oncologiche sono la principale causa di mortalità. La necessità di alleviare le sofferenze di migliaia di pazienti appare quindi un’emergenza.

Lo slogan “Se una persona è incurabile non è detto che sia inaiutabile” s’identifica per i volontari e i paladini del volontariato nell’obiettivo di garantire una vita e una morte dignitose per tutti. La disponibilità dello Stato a estendere la rete degli hospice è sentita da costoro come un’iniziativa dovuta e necessaria. “Sono lieta che il ministro abbia pronunciato la parola hospice e abbia sollevato il problema. Spero che le intenzioni del Ministero della Sanità si concretizzino”, ha commentato Niuta Federmesser, presidente della Fondazione “Vera” per il sostegno agli hospice, nonché figlia della fondatrice del primo hospice di Mosca, Vera Millionshchikova.

La Fondazione “Vera” offre il suo sostegno a 14 hospice a carico del bilancio di enti locali del paese. “Noi gli compriamo praticamente tutto, dai pannolini ai materassi antidecubito fino agli alimenti” dice Niuta Federmesser. “Gli enti locali sono abituati a finanziare gli hospice con i residui di bilancio. A Lipetsk, per esempio, il budget annuale destinato a un hospice di 25 posti letto è di 3 milioni di rubli”.

Da iniziatrice del movimento russo degli hospice, la responsabile della Fondazione “Vera” ritiene che i funzionari della sanità, nel formulare le disposizioni sulle cure palliative, dovranno essere consapevoli di dover costruire strutture, assumere medici e psicologi secondo il fabbisogno e non di creare hospice efficienti. Dello stesso avviso è anche Olga Shargorodskaia, coordinatrice del reparto assistenza sociale dell'unico hospice per bambini di San Pietroburgo: “Oggi in nessun istituto si insegna ai medici la medicina palliativa perciò trovare specialisti in questo settore è davvero arduo”, ha spiegato. “Bisogna comprendere che il lavoro in un hospice non si esaurisce dalle nove alle sei, come in un policlinico. L’hospice si basa su un’ideologia”.

Se si limiteranno a ribattezzare come hospice alcuni reparti ospedalieri, non sarà che una mistificazione, è quanto afferma chi oggi dà sostegno ai malati affetti da malattie inguaribili. “Vogliamo ricordare che l’hospice differisce sotto molti aspetti da un reparto infermieristico” ha spiegato Niuta Federmesser.

L’hospice dovrebbe essere un’entità giuridica autonoma, ubicata in un edificio indipendente e dotato di un servizio di assistenza domiciliare e di speciali autorizzazioni per la somministrazione delle sostanze stupefacenti”. La normativa per la somministrazione di sostanze stupefacenti per gli hospice e i centri di cura analoghi differisce dalla comune normativa: le regole da seguire negli hospice sono maggiori. Mentre la quantità di posti letto deve essere necessariamente ridotta poiché altrimenti “non sarebbe possibile riprodurre una dimensione domestica”. L’hospice è necessario in particolare per alleviare il dolore, dal momento che per legge un medico non può portare con sé sostanze stupefacenti, e per le persone sole.

Inoltre, nel creare una rete di hospice, il Ministero della Sanità dovrà essere consapevole di dover affrontare costi ingenti, poiché per un eccesso di norme amministrative, la medicina palliativa si è trovata priva della sua fonte principale di risorse: le donazioni. “Dall’inizio di quest’anno l’attività degli hospice è stata complicata dall’introduzione di nuove norme amministrative secondo le quali le strutture con questi parametri devono trasformarsi in enti statali. Ciò ha di fatto escluso ogni forma di beneficenza”, ha detto Niuta Federmesser. La situazione degli hospice è talmente mutata che ormai non hanno più il diritto di accettare donazioni da privati e associazioni. E tutti i donatori sensibili devono versare le proprie donazioni direttamente ai dicasteri locali del Ministero della Sanità dove toccherà poi ai funzionari decidere delle modalità e dell’entità della donazione.

La riorganizzazione della struttura degli hospice ha portato con sé un’altra novità: nel regolamento è stato inserito un articolo che prevede il diritto di ottenere da quest’anno anche servizi a pagamento. Per un movimento basato sostanzialmente sui principi della carità e del volontariato questo è un segnale allarmante. Certo, i dirigenti degli hospice non sono obbligati ad avvalersi del diritto di ricevere denaro dai pazienti, ma se le condizioni finanziarie si facessero critiche chi opera nel campo nel campo della medicina palliativa potrebbe non avere altra scelta.

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