Le sequele psicologiche degli operatori d'emergenza dopo una catastrofe: il terremoto dell'Aquila

Autore tesi: 
Laura Brunelli
Anno accademico: 
2010/2011

Dall'inizio degli anni '80 in Italia si incominciò a parlare del fenomeno del burnout, iniziando così a evidenziare il rischio emotivo al quale tutte le professioni d'aiuto possono andare incontro.

Nonostante siano svariati i percorsi formativi che i sanitari devono affrontare, poco o nulla vien fatto per delineare il disagio psicologico che può nascere in seguito a un evento traumatico; in merito a ciò si può parlare di una vera e propria “censura emotiva”, in quanto nei servizi emergenziali e non solo il modello di professionalità assunto è di tipo neutro e impersonale.
In seguito a ciò i propri stati d'animo vengono circoscritti, arginati e recepiti come un ostacolo al buon funzionamento del sistema. Così, da soccorritori, si rischia di diventare vittime di un evento traumatico in quanto si è esposti a tali livelli di sofferenza umana che possono notevolmente compromettere non solo l'opera di soccorso ma soprattutto il proprio benessere psicofisico. Ecco allora che diventa importante identificare le tecniche tramite le quali il soccorritore, sia sanitario che laico, possa preservarsi assolvendo al proprio compito.
Un valido aiuto viene offerto dalla Psicologia dell'Emergenza la cui finalità è rappresentata dallo studio, dal trattamento e dalla prevenzione dei processi psichici negativi, dalle emozioni e dai comportamenti che si determinano prima, durante e dopo l'evento avverso; sono quindi oggetto di studio sia il singolo che la comunità colpita con il fine di aiutare a prevenire e superare quei fenomeni psichici negativi che si possono generare.
Come già accennato un aspetto trascurato della professione infermieristica e, più in generale, di tutte le professioni d'aiuto, è la reazione emotiva che il singolo può avere dinnanzi ad eventi avversi. L'obiettivo principale della tesi intitolata “Le sequele psicologiche degli operatori d'emergenza dopo una catastrofe; il terremoto dell'Aquila” è quello di indagare il benessere psicologico dei sanitari intervenuti nell'evento sismico che colpì la cittadina abruzzese nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009.
La tesi è suddivisa in due parti; la prima, a carattere prevalentemente teorico, introduce dapprima quelle che sono le normative a livello nazionale ed europeo che regolano l'intervento psicosociale nei disastri. E' stato molto importante introdurre quest'aspetto, in quanto permette di far comprendere al lettore quanta importanza ha il ruolo del professionista della salute mentale in eventi catastrofici; ruolo che dapprima è stato evidenziato come indispensabile da parte dei governi che hanno emanato e adottato le linee guida. In seguito alla spiegazione delle leggi con il testo integrale riportato, vengono analizzati i concetti chiave di “trauma” e di “stress” secondo la loro definizione riportata dal DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e dalle osservazioni cliniche sperimentali di numerosi autori.
I due concetti, secondo il linguaggio comune, rappresentano entrambi lo stesso significato di “esperienza negativa”; nonostante possano essere collocati come punti sullo stesso continum il trauma si riferisce non solo a situazioni che possono mettere in pericolo la vita delle persone o ne implicano minaccia alla loro integrità
psicofisica, ma anche a quegli eventi che l'individuo percepisce come minacciosi per la loro valenza negativa, per la loro imprevidibilità e non controllabilità. Quindi, il trauma è l'evento negativo; lo stress invece è la risposta aspecifica all'evento. Questa risposta può essere efficace, nel momento in cui il soggetto pone in essere tutte quelle misure positive per fronteggiare lo stress (coping efficace) o, di tipo inefficace, quando la persona non riesce a rispondere in maniera idonea all'evento traumatico.
La mancanza di instaurazione di tecniche di coping efficaci può portare, se non tempestivamente riconosciuti e trattati, a diversi disturbi psichici quali ad esempio il Disturbo Acuto da Stress (DAS), Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS) e reazioni di Stress Peritraumatico Estremo. Tutti questi disturbi sono in grado di compromettere notevolmente la sfera cognitiva e comportamentale del soggetto coinvolto andando a ledere sia i rapporti familiari e amicali, sia quelli lavorativi.
In seguito all'esperienza traumatica, oltre a sensazioni quali ad esempio paura, sconforto, disperazione, si prova anche dolore.
Ma che cos'è il dolore? Non è semplice darne una definizione vista la complessità del fenomeno, però possiamo accettare quella universalmente conosciuta dalla International Association for the Study of Pain (IASP, 1994) che recita: “E' un esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tessutale o potenziale o descritta come tale”. Quindi il dolore è soggettivo, è una sensazione spiacevole in una o più parti del corpo; ma è anche un'esperienza emozionale e psicologica. In merito a quest'ultimo aspetto, il DSM-IV introduce, all'interno dei disturbi somatoformi il concetto di “dolore algico”, la cui caratteristica è la presenza di sintomi fisici che fanno pensare a una condizione medica di malattia, ma che non sono giustificati da essa.
Come già accennato per lo stress, il dolore può ledere il buon funzionamento del soggetto e può portare all'uso o abuso di sostanze ansiolitiche, analgesiche e stupefacenti.
All'interno del contesto lavorativo l'operatore sanitario è quotidianamente sottoposto ad un carico emotivo gravoso, in quanto è la stessa relazione d'aiuto che richiede dispendio di energie emotive e risorse personali. Nel momento in cui le emozioni prendono il sopravvento sulla razionalità, si diventa “vittime” nell'atto di aiutare un paziente; il coinvolgimento emotivo mal gestito può assumere i connotati di una trappola che può portare a un burnout emozionale.
Le emozioni e i sentimenti sono parte integrante dell'uomo come essere sociale e, inevitabilmente, si generano all'interno delle varie relazioni che egli instaura con i suoi simili. Emozioni quali rabbia, gioia, allegria, rimorso e delusione o sentimenti quali amore, odio e compassione, sono il cosiddetto “sale della vita” e la relazione d'aiuto è il contesto ideale nel quale poterli individuare. Qui l'infermiere quotidianamente interagisce con i pazienti, familiari ed èquipe; le dinamiche contenute sono molteplici e consentono in modo inequivocabile l'instaurarsi di situazioni ricche di emozioni, tante delle quali positive, ma altre possono divenire negative e destabilizzanti.
Nel momento in cui il carico di lavoro eccede notevolmente le possibilità dell'infermiere e in esso si instaurano sentimenti negativi come ansia, irritabilità, noia, estrema fatica e apatia, si è incorsi nel fenomeno del burnout. L' iniziale passione e amore per il proprio lavoro è stata sostituita, gradualmente, da un freddo disinteresse e dall'acquisizione di una metodologia rigida.
Ciò fa comprendere al lettore quanto sia importante il riconoscimento dei propri stati d'animo, in relazione sia all'attività lavorativa che in quella privata. La formazione intesa come processo di crescita continua nell'individuo che lo aiuta a essere libero di provare emozioni e sentimenti senza che questi lo influenzino negativamente, è l'unico metodo a disposizione per evitare di incorrere in fenomeni di disagio
psicofisico. La formazione, sia all'interno del contesto ospedaliero sia di quello dell'emergenza-urgenza, deve prevedere corsi nei quali si preparano gli operatori a riconoscere determinati sintomi e dove vengono educati alla loro gestione.
In seguito a disastri o calamità naturali, all'interno del sistema di emergenza-urgenza è stato introdotto il Critical Incident Stress Management, un programma globale, multicomponente e sistemico il cui obiettivo è quello di ridurre la tensione emotiva, favorire il naturale processo di recupero e individuare il soggetto o i soggetti che necessitano di sostegni aggiuntivi. Questi programmi, a carattere di prevenzione primaria, assistono le persone in fase acuta (subito dopo l'evento) e sono in grado di fornire una stima della gravità dell'evento e dell'intensità delle emozioni.
Il Defusing è attuato entro 12 ore dall'evento e le persone vengono suddivise in piccoli gruppi di 6/8 individui; la durata dell'incontro varia dai 20 ai 45 minuti e si cerca di attenuare le reazioni intense, ricostituire la rete sociale per evitare l'isolamento ed effettuare operazioni di screening per eventuali ulteriori interventi.
Il Debriefing si svolge da 1 a 10 giorni e da 3 a 4 settimane dopo l'evento critico. E'
rivolto ad un gruppo omogeneo di 8-10 persone e può durare da 60 a 180 minuti. Gli obiettivi sono quelli di aiutare a comprendere e gestire le emozioni, identificare strategie di coping efficace e ricevere sostegno.
In entrambi in tipi di strategie di primo soccorso psicologico, sono previste diverse fasi che vanno dall'introduzione degli obiettivi all'analisi delle reazioni e delle emozioni, al sostenere, rassicurare e informare.
L'ultimo capitolo della prima parte dell'elaborato, cerca di attirare l'attenzione sulla figura dell'infermiere come mediatore (counsellor) tra il paziente e il professionista della salute mentale.
Seppur parzialmente l'attività di counselling viene introdotta da una normativa (n. 196 del 25 agosto 2003) la quale definisce gli obiettivi organizzativi e relazionali che l'operatore sanitario deve possedere. Tra i primi rientrano la conoscenza del Servizio Sanitario Nazionale e Regionale, del sistema di triage e delle procedure informatiche e comunicative all'interno del dipartimento di emergenza-urgenza; tra i secondi, spiccano le capacità nell'instaurare una relazione d'aiuto, la conoscenza delle tecniche di gestione dello stress e dei conflitti e l'acquisizione delle capacità di relazione nella comunicazione tra le diverse componenti della rete emergenziale.
Essere a conoscenza di queste componenti significa possedere quelle facoltà intellettuali che permettono all'infermiere di riconoscere situazioni di disagio psichico non solo nel paziente, ma anche nel collega. Nei confronti di tali disagi, l'infermiere instaurerà una relazione d'aiuto basata sull'accoglienza delle emozioni e degli stati d'animo negativi; sarà in grado di supportarlo e consigliarlo e, qualora si renda necessario, indirizzarlo al professionista della salute mentale.
La seconda parte della tesi, il progetto di ricerca, prevede lo studio delle reazioni dei soccorritori intervenuti nell'emergenza terremoto in Abruzzo comparando i vissuti del personale autoctono con quello proveniente da altre regioni. Tale studio ha previsto la somministrazione di un questionario, compilato in forma anonima, composto da due parti: le prime 28 domande indagano la capacità di resistenza ad eventi stressanti, la presenza di sintomi da stress e di disagio psicologico.
La seconda parte, formulata in 16 domande, è centrata principalmente sul benessere psicologico.
Il questionario è stato somministrato ad un anno di distanza dal terremoto e le dimensioni del benessere psicologico vengono messe in relazione a variabili sociodemografiche. Alcuni item riguardano aspetti quali l'autostima, la padronanza ambientale, lo scopo nella vita, le relazioni positive e la crescita personale; altri, invece, vanno ad esplorare la possibile presenza di DPTS e le domande che indagano su quest'aspetto riguardano la sensazione di rivivere l'evento, l'evitamento, l'irritabilità e l'attivazione psicofisiologica.
Per ogni item si presenta una scala di risposte di accordo/disaccordo generalmente a 5 o 7 modalità e ai rispondenti si chiede di indicare su di essi il grado di accordo/disaccordo con quanto espresso dalla domanda.
Il setting dell'indagine è composto dal 118 Regione Abruzzo, 118 Romagna Soccorso, 118 Regione Liguria, Pronto Soccorso e Croce Rossa Italiana. Sono stati raccolti 59 questionari da parte di operatori dell'emergenza aquilani e 117 questionari provenienti da altre regioni.
Dall'analisi dei primi dati riguardanti il sesso, l'anno di nascita, l'unità operativa di provenienza, l'età e il ruolo ricoperto, si evince che il 56% del campione è composto da donne e il 36% da uomini; l'età media è di 49 anni e i professionisti provengono prevalentemente dal Pronto Soccorso (33%), una percentuale inferiore (31%) proviene dalla U.O. di Anestesia e Rianimazione e il 22% dal servizio 118. Gli infermieri rappresentano il 41% dei professionisti intervenuti; di seguito ci sono i medici (39%) e gli operatori socio-sanitari (8%). A questi ultimi si aggiungono modeste percentuali di operatori con altre qualifiche (autisti e barellieri).
Si analizzano dapprima i questionari provenienti dalla popolazione autoctona, poi quelli dei non autoctoni e, per ultimi, i due campioni vengono messi a confronto. Dopo averli confrontati si è voluto stabilire la probabilità (definita anche livello di significatività) che esistesse una relazione fra i due campioni. Per fare questo è stato utilizzato il Test Statistico di Significatività (T-Test o Test di Student) il quale inizialmente assume l'ipotesi zero: quest'ipotesi prevede sempre che non esista alcuna differenza tra i gruppi rispetto a un parametro considerato.
In altre parole, i gruppi sono tra loro uguali e le differenze osservate vanno attribuite al caso.
Ovviamente, applicando il test, l'ipotesi zero può essere accettata o respinta; il risultato in genere va confrontato con un valore critico formulato in apposite tabelle.
Se il risultato supera il valore critico, la differenza tra i gruppi viene dichiarata statisticamente significativa e quindi, l'ipotesi zero, viene respinta. In caso contrario, cioè se il risultato non supera il valore critico, l'ipotesi zero non viene accettata per cui la differenza tra i due campioni non è statisticamente significativa.
I risultati di un test statistico non riflettono un valore di assoluta e matematica certezza; pertanto il fatto di respingere l'ipotesi zero è probabilmente giusta, ma potrebbe anche essere errata.
La misura del rischio di cadere in errore si chiama “livello di significatività” e di solito si sceglie un livello di 0,05 (5%) o di 0,01 (1%). Questa probabilità (il valore P) rappresenta una stima quantitativa della probabilità che le differenze osservate siano dovute al caso.
Dal momento che il valore P è una probabilità esso può assumere solo valori compresi tra 0 e 1. Un valore P che si avvicina a 0 testimonia una bassa probabilità che la differenza osservata sia dovuta al caso.
In definitiva alcuni esempi di domande statisticamente significative sono:
1. “Nell'ultimo mese quante volte mi sono sentito/a felice”: vi è una differenza netta nel percepire lo stato di felicità in quanto esso è prevalente nei non autoctoni. Ciò può derivare dalla gratificazione derivante dal sentirsi partecipe nell'aiutare in vari modi tutte le persone coinvolte. Negli autoctoni il grado di felicità è basso e ciò è dovuto senz'altro a un maggior coinvolgimento emotivo, i quali in seguito al disastro possono aver perso amici, familiari o conoscenti (vedi i dati riportati nella tesi a pag. 260)
2. “Quante volte nell'ultimo mese ho avuto problemi di sonno a causa delle esperienze forti vissute durante il soccorso”: la difficoltà a prendere sonno si presenta maggiormente nei soccorritori autoctoni e ciò riflette il coinvolgimento emotivo nei confronti del disastro. (vedi i dati riportati a pag. 262)
3. “Quante volte nell'ultimo mese ho pensato di essere stato/a scosso/a dai traumi delle persone che ho soccorso”: gli abruzzesi, avendo un legame più intenso con la popolazione locale, si sono rivelati più sensibili alla percezione dei loro traumi. Evidentemente hanno dimostrato una maggior presenza nei confronti di chi ha avuto bisogno e, una maggior capacità di ascolto. (vedi i dati riportati a pag. 262)
4. “Quante volte nell'ultimo mese il mio lavoro come soccorritore mi ha fatto sentire depresso/a”: dall'analisi dei dati risulta che raramente in entrambi i campioni si è rilevato il sintomo depressivo. Ciò può essere dovuto ad esempio
ad interventi con esiti negativi. (vedi i dati riportati a pag. 263)

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