Anch'io come Paolo Ravasin drò no alla tortura di Stato

A seguito del video messaggio di Paolo Ravasin del 21 aprile 2009 molti hanno espresso il proprio punto di vista tramite i vari mezzi di comunicazione esistenti, uno fra tutti i blog. Ed è proprio da uno di questi che Paolo Di Modica, ex musicista e malato anch'egli di SLA (sclerosi laterale amiotrofica), si sente in dovere di intervenire nel dibattito per esprimere apertamente la propria opinione.

Di seguito il testo del post di Paolo Di Modica.

E non ho amato mai tanto la vita!”
romanza di Cavaradossi
(G. Puccini, Tosca – atto III)

Io, Paolo Di Modica, ex musicista ed ora musico impertinente, sento ora il dovere di intervenire nel dibattito suscitato dal video del testamento biologico di Paolo Ravasin, non fosse altro per il destino che ci accumuna in quella fatalità chiamata Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Diversamente da Ravasin che già da 10 anni porta avanti questa terribile convivenza nell’immobilità del tempo che scorre, io vivo la mia progressiva disabilità assistendo alla costante ed incessante perdita delle mie capacità fisiche, il mio mondo si rallenta mentre tutto, intorno a me, continua la sua corsa nel suo ritmo consueto, quel ritmo, per una vita, anima pulsante della mia musica ormai interrotta. Vivendo dall’interno la visione della legge della mia relatività, non voglio e non posso arrendermi alla malattia così come assistere alla deriva del mio paese.
Paolo che si emozionava con la sua musica è morto!
Paolo instancabile camminatore nell’incanto delle montagne abruzzesi è morto!
Paolo nella sua semplice quotidianità è morto!
Ma lo spirito di Paolo, la sua anima, la sua coscienza civile sono vive più che mai, anche se indignate e ferite dal disagio culturale che affligge questa nazione segno ormai di un malessere profondo che va oltre la mia attuale condizione.

Il parlamento si appresta a varare una legge, eufemisticamente, sul testamento biologico, in fortissima contraddizione con l’articolo 32 della Costituzione Italiana.
Per chi come, in un recente passato Piergiorgio Welby, nel presente Paolo Ravasin, il sottoscritto in un futuro spero vanificato dai progressi della ricerca scientifica, vive in prima persona questa degenerativa realtà, la proposta di legge in esame suona come un’ulteriore umiliazione della propria condizione.
Ed è ancora più dolorosa se si pensa che tale proposta è vivamente caldeggiata, se non imposta, da quella parte della società che crede di essere la depositaria della parola di Cristo.
Non ho chiesto io questa croce, non voglio essere onorato nel vivere, come il Cristo, la mia passione. Desideravo, vigliaccamente, vivere nella mia musica, unica gradita mia compagna di viaggio nel sentiero della vita perché, nonostante le mie vicissitudini, la cultura della sofferenza non mi apparterrà mai! E vorrei che la mia esistenza giungesse al termine del suo cammino come la più dolce delle berceuse.
Invece, in nome di un Dio padrone delle nostre anime e quindi anche dei nostri corpi, le gerarchie vaticane e soprattutto una politica ipocrita, debole di idee e di valori, pericolosamente incline a compromettere la laicità dello Stato, ci prospetta una morte sofferta a conclusione di un percorso spesso doloroso in un macabro crescendo di rossiniana memoria.
Questa non è difesa della vita! Questa non è carità cristiana!
Non prevaricate il vostro stesso Dio, non siate chiusi e sordi a qualsiasi richiamo dell’umana pietà.
Volendo voi decidere arbitrariamente sulla vita e sulla morte, non cadete nel medesimo errore di chi, angelo prediletto del Signore, in un atto di suprema arroganza volle sostituirsi a Dio che poi ne determinò la caduta!
Vorrei porre una domanda a tutti i solerti fautori della vita: in quale caso è lecito per voi il progresso scientifico? Se la procreazione assistita è contro natura, perché tenere in vita una persona che non ne ha più la facoltà con gli ausili tecnologici è invece per la vita? Perché la scienza non va bene se dà gioia ed è accettata se prolunga la sofferenza andando contro il naturale estinguersi di un’esistenza?
Il mio testamento biologico non sarà difforme da Paolo Ravasin, nel rifiutare alimentazione e nutrizione artificiali quando esse non avverranno più naturalmente. Criticatemi, scomunicatemi, umiliate il mio pensiero, così come fu negato a Piergiorgio io non voglio un funerale religioso. Ma nessuno neghi la mia libertà di essere serenamente solo di fronte alla mia morte. Se ci sarà un Dio non avrà bisogno di intermediazioni, perché Egli saprà giudicarmi.
Con umile impertinenza,
Paolo Di Modica

Fonte: Blog - Il Musico Impertinente - Micromega - 22 aprile 2009

Articolo a cura della dott.ssa Emilia Uccello

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