Comunicazione e cure di fine vita

Pubblicato sul num.7 (19-25/2/2008) de "Il Sole 24 ore Sanità-Toscana" il documento elaborato dal Gruppo di lavoro su "Etica delle cure di fine vita" della Commissione di Bioetica della Regione Toscana al termine del Seminario tenuto nel novembre scorso presso la Certosa di Pontignano dell'Università di Siena.

DALLA PIANIFICAZIONE ANTICIPATA DELLE CURE
ALL'ELABORAZIONE DEL LUTTO
:

STRATEGIE DI COMUNI -C- AZIONI

Il IV° Seminario su "Etica delle cure alla fine della vita" della Commissione Regionale di Bioetica, tenutosi presso la Certosa di Pontignano nei giorni 21/23 Novembre 2007, ha affrontato tre tematiche connesse ai percorsi di assistenza:

• La pianificazione anticipata delle cure per la fase finale della vita
• Strategie di miglioramento del clima delle relazioni tra èquipe/malato/famiglia
• Modalità di elaborazione del lutto nell’equipe, tra i familiari ed esperienze dei gruppi di auto-aiuto

L'obiettivo di questo IV° Seminario di Pontignano era quello di implementare le azioni di miglioramento della qualità delle cure di fine-vita, che, in parte, erano già state indicate nel documento dell’aprile 2005, alla luce del dibattito in corso relativo alle direttive anticipate, alla nascita degli Hospice nella Regione Toscana, ed alle esigenze evidenziate sia dagli operatori sanitari che dai caregivers, di accompagnare le fasi di elaborazione del lutto. Al termine dei lavori sono stati redatti tre documenti che pur nella loro stretta connessione concettuale possono diventare strumento di apposite direttive/raccomandazioni per l'elaborazione di linee-guida regionali.

LA PIANIFICAZIONE ANTICIPATA DELLE CURE
PER LA FASE FINALE DELLA VITA

Raccomandazioni per l’elaborazione e l’adozione di linee-guida regionali

Premessa

Il gruppo di lavoro permanente “Etica delle cure alla fine della vita” della Commissione Regionale di Bioetica della Regione Toscana, che si riconosce nei documenti prodotti a partire dal 2002 dal “Gruppo di Pontignano” (Carta di Pontignano, Dichiarazione di Intenti, Azioni per il Miglioramento della Qualità delle Cure di Fine-Vita), nonché nelle iniziative di discussione e approfondimento promosse dalla Commissione Regionale di Bioetica, in particolare con il Convegno sulle Decisioni alla Fine della Vita del 2005, ha
in questi ultimi anni contribuito a produrre una riflessione sulla gestione delle cure nella fase finale della vita e sullo stesso processo del morire, basata sull’esperienza e sulla ricerca multi-disciplinare.

Questo documento, elaborato a partire dalla proposta della Fondazione Italiana di Leniterapia (FILE), che ha dato voce ad un'istanza della società mediante il lavoro di un gruppo di studio multidisciplinare, è stato approvato in occasione del IV Seminario di Pontignano e viene proposto alla Commissione Regionale di Bioetica.

Il documento si focalizza solo su alcuni dei temi affrontati dall'importante dibattito sviluppatosi in Italia a seguito dei casi Englaro, Welby, Nuvoli, e dell’avvio in sede parlamentare della discussione in merito ai disegni di legge sulle direttive anticipate, anche al fine di evitare il cosiddetto “accanimento terapeutico”. Si tratta di temi su cui la riflessione è già abbastanza matura per iniziare a proporre dei cambiamenti e formulare alcune indicazioni operative che possono essere adottate nella Regione Toscana, in particolare riguardo alla pianificazione anticipata delle cure per la fase finale della vita.

Per pianificazione anticipata delle cure si intende “un processo mediante il quale la persona, assieme a coloro che desidera coinvolgere e all’équipe curante, progressivamente matura e definisce le proprie volontà in merito al percorso di cura che la riguarda. Tale processo richiede una comunicazioni che si sviluppa nel tempo e deve rendere possibile in qualsiasi momento la variazione o l’aggiornamento delle volontà espresse.”

Il riconoscimento del fatto che una persona è giunta nella fase finale della vita è un aspetto rilevante e necessario del processo di cura, e richiede la capacità professionale di affrontare il nuovo scenario di cui la morte è l’esito non evitabile. La progressiva maggiore vulnerabilità della persona morente rende doverosa una particolare attenzione dei curanti al rispetto dei diritti dei pazienti.

Lo scopo di questo documento è quello di favorire l’assistenza al paziente ‘capace’, ma che comunque, in questa fase, vive una condizione di vulnerabilità e, spesso, di sofferenza. Nel sottolineare i limiti entro cui questo documento intende muoversi, auspichiamo che rapidamente il Parlamento Italiano chiarisca gli aspetti relativi alla tutela del paziente ‘non capace’ e delle sue volontà precedentemente espresse.

Per tradurre nella pratica queste intenzioni chiediamo alla Regione Toscana un impegno a creare condizioni strutturali e organizzative affinché nel Servizio Sanitario della Toscana:

1) sia garantito che, in qualunque luogo avvenga il processo del morire, la persona nella fase finale della vita possa essere assistita dal medico che la ha in cura, da una équipe che includa il medico di medicina generale, l’unità di cure palliative, l’assistenza infermieristica e, se necessario e desiderato, volontari preparati;

2) l’équipe di assistenza deve operare per favorire la collaborazione interdisciplinare e promuovere azioni che facilitino la pianificazione anticipata delle cure alla fine della vita;

3) le scelte della persona ‘capace’ riguardanti le opzioni terapeutiche prospettate dai curanti, nell’ambito dell’appropriatezza scientifica, siano vincolanti, nel rispetto dei suoi desideri, principi e valori.
In particolare:

• deve essere garantita ad ognuno la possibilità di esprimere il proprio bisogno di informazione e di ricevere adeguata comunicazione da parte dell’équipe curante sulle sue attuali condizioni di salute e sulla prognosi, sui trattamenti proposti, sulle eventuali alternative terapeutiche e sulle loro implicazioni;

• deve essere garantita ad ognuno la possibilità di indicare una persona di fiducia, cioè la persona alla quale l’équipe curante dovrà rivolgersi nella fase finale della vita. L'esplicita indicazione del fiduciario da parte dell'interessato dovrà essere raccolta dall’équipe curante e riportata chiaramente nella cartella sanitaria personale. Il fiduciario ha diritto di accesso alla cartella clinica ed è l’interlocutore, insieme al paziente, dell’équipe curante nelle decisioni sulla fase finale della vita;

• alla persona, adeguatamente informata dall’équipe curante deve essere garantita nell’ambito di un percorso decisionale condiviso, la possibilità di scegliere in ordine a:
- le terapie antidolore e la sedazione profonda continua per il controllo dei sintomi refrattari
- l’utilizzo dimanovre invasive, inclusi i trattamenti di sostegno vitale;

• alla persona deve essere garantita - nella misura del possibile - la scelta del luogo ove morire (la casa, l'hospice o l'RSA, l'ospedale). In particolare la persona deve essere informata da parte dell’équipe curante della possibilità di morire a casa, se questo è il luogo preferito, se possibile rimuovendo eventuali fattori che ostacolino la realizzazione di tale volontà e attivando le risorse sociali disponibili;

• la persona deve essere informata del suo diritto a progettare con i curanti le cure nella fase finale di vita anche nel contesto ospedaliero. Le strutture ospedaliere devono garantire la possibilità dell’effettivo esercizio di tale diritto;

• la persona deve essere informata del diritto di rifiutare procedure di emergenza, o comunque di rianimazione delle funzioni vitali nelle ultime fasi della vita;

• la persona deve essere informata che i curanti hanno il dovere di garantire il rispetto della sua volontà:
a) di non iniziare o interrompere eventuali trattamenti di tipo invasivo o di sostegno vitale
b) di non essere sottoposto ad ulteriori indagini clinico diagnostiche nell’avvicinarsi del momento della morte.
La decisione di non intraprendere o sospendere un trattamento nel corso della fase finale della vita richiede adeguata informazione, consenso da parte del paziente e, ovviamente, la possibilità di modificarla in qualsiasi momento;

• considerata la frequenza - documentata in studi scientifici - con la quale nella fase finale della vita si ricorre, in presenza di sintomi ‘refrattari’ e incoercibili, a procedure di sedazione profonda continua, i servizi di cure palliative e di rianimazione, e tutti quei reparti ove tale pratica medica è prevedibile devono definire specifiche procedure sulla base di linee guida riconosciute a livello nazionale e internazionale;

• la persona deve avere la possibilità di accedere alle forme volute di assistenza spirituale o altra forma di accompagnamento nel processo del morire;

• le pratiche di cui sopra, come gli atti informativi e di comunicazione ad esse relativi, dovranno essere registrati nella cartella clinica del paziente, specificandone il contenuto trasmesso, la decisione presa con le relative data e relativa motivazione.

Chiediamo che l’Assessorato alla salute della Regione Toscana faccia proprie le indicazioni di questo documento e realizzi gli interventi opportuni per renderle operative.

Inoltre chiediamo che venga invitato il Consiglio Sanitario Regionale e la Commissione Regionale di Bioetica, in collaborazione con le Federazioni Regionali degli Ordini professionali dei medici e degli infermieri e le Società Scientifiche interessate, a predisporre linee guida a livello regionale sulla pianificazione anticipata delle cure. Tali linee guida devono affrontare anche gli aspetti relativi alla comunicazione, all’informazione e ai diritti dei pazienti di intervenire in queste decisioni.
Le linee guida dovranno essere diffuse dalla Regione Toscana, in modo da favorirne l'applicazione nel Servizio Sanitario della Toscana.
Dovrà essere promosso il loro inserimento nei curricula formativi delle professioni sanitarie, che devono prevedere anche gli aspetti relativi alle cure di fine vita, oltre all’aggiornamento permanente di tutto il personale sanitario e l’attivazione di studi e ricerche nel settore.
Sarà cura della Regione Toscana informare tutti i cittadini dei contenuti di tali linee guida.

HOSPICE E COMUNICAZIONE
(migliorare il clima delle relazioni tra équipe/famiglia/malato)

INTRODUZIONE

La corretta relazione tra i sanitari, l’ammalato e le sue figure di riferimento si basa essenzialmente nel creare un rapporto di empatia tale che possa favorire la comunicazione e l’adeguata informazione che a sua volta deve corrispondere alle esigenze del paziente, che possono variare nel tempo.
Problematiche particolari di relazione si presentano e devono essere adeguatamente affrontate con pazienti di altre culture e pazienti “fragili” quali il bambino, l’anziano, la persona demente ecc..
Nella relazione tra équipe/malato/famiglia, il familiare/caregiver deve essere considerato una risorsa non solo per l’ammalato ma anche per l’équipe dei curanti: questi devono promuovere rapporti di fiducia e di collaborazione col familiare/caregiver, nel rispetto dell’autodeterminazione del paziente in merito alle scelte che lo riguardano.
Il documento che segue si articola su proposte concrete atte a modificare aspetti organizzativi e a promuovere la formazione dei sanitari per migliorare le cure di fine vita, che non sono ancora garantite in modo omogeneo in ogni realtà di cura.

STRUMENTI DI CAMBIAMENTO

Gli strumenti di cambiamento si attuano incidendo sull’organizzazione di lavoro e sulla formazione degli operatori sanitari e dei volontari.

COME INCIDERE SULL’ORGANIZZAZIONE DI LAVORO

Continuità assistenziale

Occorre promuovere la continuità assistenziale cioè individuare, definire e condividere il percorso assistenziale del paziente fra i reparti di cura e fra ospedale e strutture territoriali. La continuità assistenziale è garantita da una figura di riferimento che, non necessariamente rappresentata da una sola persona, sia costante, esplicita ed esplicitata per il singolo paziente, per la sua famiglia e tutti i curanti. Il medico di famiglia rappresenta un ruolo chiave per la continuità assistenziale. All’interno del percorso di cura può essere valutata, per scelta del paziente, anche la possibilità di intraprendere o proseguire cure complementari integrative.

Comunicazione organizzata

Occorre garantire al paziente una informazione coerente di équipe; questo si rende possibile promuovendo all’interno dell’équipe momenti dedicati di scambio. Va promosso il lavoro di équipe, con l’ausilio dello psicologo, anche per la gestione delle emozioni, dello stress professionale e prevenzione burn out.

Strutture di ricovero

Importante è il momento dell’accoglienza nelle strutture di ricovero. Occorre avere cura che gli operatori si presentino all’ammalato per nome e cognome; occorre avere estrema sensibilità nel non accogliere un paziente identificandolo per la sua patologia. Il volontariato può rappresentare una importante risorsa anche al momento dell’accoglienza.
I reparti ospedalieri compresi i reparti di terapia intensiva devono essere aperti ai familiari/care givers.
Va promossa la comunicazione tra gli operatori; a tale riguardo va dato risalto all’importanza di un contatto immediato tra medico di famiglia e medico ospedaliero al momento del ricovero, durante il ricovero e al momento della dimissione; a questo scopo possono essere individuati canali di comunicazione dedicati.

Servizio di cure palliative (CP) – Hospice

Il servizio di cure palliative – Hospice è un sistema di cure che le persone possono scegliere nella fase avanzata delle malattie croniche e progressive.
Prendendo in considerazione le modalità e i criteri di accesso all’Hospice va sottolineata anche la possibilità di accesso diretto in regime di urgenza.
Il servizio di cure palliative prosegue anche all’interno dell’ospedale, dove deve essere egualmente garantito il percorso di cure palliative.
Va promossa la creazione di una carta dei servizi del sistema di cure palliative nella quale siano date informazioni precise su chi sono gli operatori del sistema di CP, sulla presenza di volontari formati e supervisionati, sulla descrizione della struttura e dei servizi alberghieri e su gli obiettivi delle cure rivolti essenzialmente al miglioramento della qualità di vita.

Ruolo del Medico di Medicina Generale (MMG)

Va promossa la creazione di una carta dei servizi anche per il MMG dove sia esplicitato anche il suo ruolo fondamentale all’interno del sistema di CP.

FORMAZIONE DEGLI OPERATORI SANITARI E DEI VOLONTARI

La formazione degli operatori sanitari e dei volontari rappresenta un momento indispensabile per il miglioramento del clima delle relazioni équipe/malato/famiglia-care givers.
Va promossa la formazione sulla corretta relazione/comunicazione/informazione, sui servizi forniti dalle unità di cure palliative, sulla cura nelle ultime fasi della vita (es. LCP).
Per quanto riguarda la formazione sulla corretta relazione – comunicazione – informazione va sottolineato che uno degli scopi dell’instaurare un buon processo relazionale tra équipe e paziente è l’informazione efficace. Per giungere ad un’informazione rispettosa delle esigenze del paziente e dell’équipe, gli operatori che la compongono dovranno conoscere e attuare adeguate modalità relazionali.
Stabilirà un rapporto di reciproca fiducia considerando sia le competenze del paziente circa la capacità di esprimere i propri bisogni sia le proprie competenze che consentiranno una comunicazione empatica. La comunicazione empatica consentirà di portare l’informazione in modo efficace nel rispetto del bisogno del paziente di conoscere la propria condizione di salute, la prognosi e le possibilità terapeutiche. L’operatore entrerà in comunicazione con il paziente rispettando spazio e tempo di presenza (“sono qui, ora, con te, con tutto me stesso”) e guardando la persona negli occhi.
L’Hospice deve essere individuato come centro di formazione e di ricerca per il sistema di cure palliative, sia intesa come educazione continua per l’équipe che come formazione di base per gli operatori esterni.

L’ELABORAZIONE DEL LUTTO

Modalità di elaborazione del lutto nell’equipe, con la famiglia ed i caregivers
ed esperienze dei gruppi di auto-aiuto.

Premessa

Il processo di elaborazione del lutto rimane spesso estraneo al percorso assistenziale, soprattutto per le morti che avvengono nelle strutture ospedaliere (unità di terapia intensiva e rianimazione, reparti di degenza, dipartimenti di emergenza, ecc.), mentre alcune situazioni relative alle cure palliative – sia a domicilio che in Hospice – evidenziano la necessità di comprendere tale fase attraverso specifiche modalità relazionali. Considerate le diverse connotazioni assunte dal termine “lutto”, i partecipanti hanno scelto la seguente definizione:
Per "lutto" si intende "l’insieme dei comportamenti sociali atti a fronteggiare la sofferenza (cordoglio) per la perdita di una persona con cui si ha un legame significativo; tali comportamenti caratterizzano un processo di intensità e durata variabile, influenzato dalla rete sociale di appartenenza". Il lutto così inteso è un evento che da sempre appartiene alla condizione umana e che quindi, di per sé, non è “patologia” medica o sociale, e pertanto non è di specifica pertinenza di un operatore sanitario (medico, infermiere, psicologo), sociale (sociologo, assistente sociale), o spirituale (ministro di culto).

Durante lo svolgimento dei lavori i partecipanti si sono confrontati sulle diverse tipologie di lutto:

Il lutto anticipato

Per lutto anticipato si intende quel processo, che inizia sin dalle prime fasi di comunicazione ed informazione relative allo stato di una malattia a prognosi in fausta, e che può intensificarsi sia per l’evoluzione della patologia che per l’avvicinarsi dei momenti finali. L’esito di tale vissuto è influenzato dalle relazioni esperite con le persone significative e con gli operatori sanitari.

Il lutto patologico

Nel caso in cui si verifichi una difficile elaborazione dell’esperienza del lutto, in quanto la gravità della perdita subita si rivela sproporzionata rispetto alle risorse personali e relazionali, si parla di lutto patologico. Tale esperienza, pur nella variabilità delle sue manifestazioni individuali, risulta frequentemente correlata a tratti di ritualità e fissità spesso slegati da tempi e spazi adeguati per il suo superamento. Esistono, peraltro, segnali che possono far presagire che il familiare / caregiver stia andando incontro ad un’evoluzione “patologica” nell’elaborazione della perdita.
Risulta quindi prezioso l’utilizzo di tempi e spazi idonei a fornire un supporto psicologico qualificato, facilitando ed ascoltando l’espressione di sentimenti ed emozioni. In questo processo assume un ruolo fondamentale la valorizzazione, attraverso l’empowerment, delle risorse del soggetto in lutto e quelle offerte dalla rete sociale.

Il lutto degli operatori

Dimensione frequentemente ritenuta marginale rispetto alla gestione delle attività connesse al percorso assistenziale, il lutto degli operatori risulta essere in parte determinato dal ripetersi dell’ esperienza delle morti dei propri assistiti, che confligge con il tradizionale mandato della medicina di “curare per guarire”.
La morte del paziente è in genere un evento naturale inevitabile, e non riconducibile ad un insuccesso delle cure. Tuttavia, il contatto col morire degli altri, con la sofferenza che queste morti provocano, e soprattutto, la frequenza “innaturalmente” elevata di queste esperienze, può causare all’operatore sanitario un trauma psicologico ed esistenziale che, a volte, si estende all’intera equipe. L’inflazione dei contatti con la morte può produrre sia una distorsione del rapporto tra individuo ed evento “morte” (ad esempio uno stato generalizzato di angoscia da “attesa di morte”), sia fenomeni reattivi di difesa e di estraniamento dalla sofferenza dei pazienti e dei loro cari (negazione, cinismo), e il non riconoscimento o la sottostima delle rappresentazioni individuali e sociali del cordoglio e del lutto.
Il bisogno di individuare “comunque” cause e responsabilità di ciò che accade, si applica con maggior forza all’evento morte, specialmente quando questa si manifesta in forme atipiche o accade improvvisamente ed inaspettatamente, e spesso priva l’equipe della capacità di riconoscere e controllare le reazioni emotive che possono alterare l’equilibrio personale ed il clima lavorativo.
D’altra parte, sono ormai presenti, in molti contesti sanitari, esperienze di supervisione del vissuto degli operatori, atte a favorire una condivisione ed una rilettura consapevole delle criticità nel percorso di accompagnamento alla fine-vita sia della persona malata, sia dei suoi familiari.

Lutto riguardante la perdita di bambini e adolescenti

Nel caso specifico delle morti di bambini e adolescenti si è rilevata la crescita relativa all'impostazione prevalentemente centrata sulle cure ospedaliere anche nella fase finale della vita. E' per questo che occorre sviluppare e garantire l'assistenza a casa per permettere anche ai minori, di trascorrere nell'ambiente domestico, circondati dagli affetti più cari, tra le “proprie cose” e con le ritualità familiari, le ultime settimane di vita.
Promuovendo l'attenzione e l'ascolto dei bisogni e dei desideri di bambini ed adolescenti, si potrà rendere meno gravoso il distacco dai propri affetti, consentendo l'espressione delle emozioni, sia in loro che nei loro familiari.
L'elaborazione della perdita di un bambino o di un'adolescente può essere reso meno drammatico, soprattutto per i fratelli e sorelle in età pediatrica se l'ultima fase della vita può essere vissuta “insieme”, senza le barriere e le limitazione dell'ambiente ospedaliero.

Sostegno al lutto

Il lutto, nelle sue molteplici manifestazioni, non viene in genere considerato oggetto di assistenza, e sono rari gli esempi di offerta di intervento nelle organizzazioni socio-sanitarie italiane. Tuttavia, anche in considerazione della morbilità legata ad una difficile elaborazione del lutto, si ritiene necessario promuovere azioni e progetti specifici a questo riguardo.
In tale prospettiva, risultano di grande interesse ed utilità alcune iniziative, promosse soprattutto da associazioni di volontariato, di formazione-sensibilizzazione-aggiornamento, temporaneo e permanente sulle tematiche dell’aiuto nell’elaborazione della perdita, non solo rivolte ai volontari, ma anche agli operatori sanitari.
Queste esperienze hanno dimostrato l’efficacia, nel contrastare il senso di isolamento e le forme di sofferenza che ne derivano, dell’attivazione di reti sociali quali i gruppi di auto-mutuo-aiuto e gli sportelli d’ascolto (rivolti, principalmente, a pazienti, familiari e caregivers).
In particolare le attività dei gruppi di auto-mutuo-aiuto utilizzano la condivisione dei momenti di dolore, la promozione di un distacco graduale fra operatori e famiglie, ed un premuroso accompagnamento delle persone potenzialmente più esposte al rischio di lutto patologico, come strumenti privilegiati per dare risposte adeguate a domande specifiche.

I partecipanti:

Mariella Orsi, Eugenio Paci, Piero Morino, Donatella Carmi Bartolozzi ,Guido Miccinesi, Caterina Ferrari, Alessandro Bussotti , Laura Canavacci, Maria Grazia Barneschi, Lucia Benini, Lorenzo Boncinelli, Claudia Borreani,Alessandro Bussotti,Maria Grazia Campus, Barbara Caposciutti, Enrico Cazzaniga, Riccardo Cecioni, Piero Cioni, Donatella Della Monica, Carlo Della Pepa, Alberto Giannini, Paola Innocenti, Iacopo Lanini,Andrea Lopes Pegna, Roberto Mander, Bruno Mazzocchi, Grazia Mieli, Paolo Monformoso, Luigi Rinaldi, Massimo Romiti, Bernardo Salani, Nicoletta Susini, Franco Toscani, Elisa Valdambrini, Giuseppe Virgili.

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